Quasi tutti pensano che il libro sia un essere inanimato che, una volta letto, se ne debba stare buono buono nello scaffale di una libreria a farsi sotterrare dalla polvere, a subire silenziosamente l’attacco degli acari, a temere per l’arrivo di qualche ristampa, che ne provocherebbe il suicidio quasi certo. Invece ci vuole poco perché un libro prenda vita, una volta letto: basta metterlo su un rotolo di carta igienica, per esempio, oppure infilarlo dentro la tasca di un accappatoio, o ancora metterlo su una bilancia a guardare la televisione. Piccoli gesti, semplici cambi di prospettiva che squarciano esistenze fatte di inchiostro e cellulosa, regalando nuove vite a chi pensava di averle già perse tutte. Vite da libri, ovviamente.
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sul fatto che sia un giudizio netto ti do ragione, sul fatto che non lasci scampo però la pensiamo diversa. Non ha scritto Brutta, ha scritto Non mi piace. Non mi piace lascia liberissimi altri lettori di trovarla bella.
comitato difesa del diritto di opinione del lettore (e dell’abuso dell’uso di di e derivati :-D)
Non hai tutti i torti, però per lasciare ancora più libertà ai lettori successivi poteva almeno scrivere in matita.
hai ragione. In matita sarebbe stato meglio, chissà magari in quel momento non pensava sarebbe finito in altre mani
Rimanendo in tema, non mi sento di dare torto alla Franceschi (in generale sulla poesia di Pavese).
Nemmeno io. Infatti ho comprato il libro quasi esclusivamente per le tracce lasciate dalla Franceschi.
Sarei curiosi di sapere quali siano i poeti che vi garbano.
Roberto Amato e Guido Catalano.